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lxxxvi | prefazione. |
Fiacca risposta, dove si ribadiscono false accuse e quasi brutalmente si allude allo scarso compenso, che il Goldoni ritraeva da’ suoi lavori, ed alla sua povertà. In cento luoghi delle sue Opere il Gozzi si dà gran vanto di non aver mai voluto, nè ricavato alcun compenso dalle sue fatiche. Il che prova che anche di dignità vera di vita, e di quanto la sminuisce o l’accresce, avea un’idea molto imperfetta e confusa. Forse è imputabile più ai pregiudizi della sua casta in quel tempo, che a lui. Ad ogni modo dimostra che a tali pregiudizi egli non era superiore, nè si comprende come li conciliasse col rispetto e l’amore al fratello Gaspare, vivacchiante di letteratura anch’esso, non meno del Goldoni.
Al riaprirsi del teatro in Ottobre Carlo Gozzi diede la sua seconda fiaba: Il Corvo, drammaticamente forse una delle più forti di tutte. E tolta, come la prima, dal Cunto de li Cunte del Basile, e fu rappresentata prima a Milano, quindi a Ve-
nel principio della stagione teatrale del 1763, e lo farebbe credere la lettera di lui al Vendramin, scritta da Parigi il 12 Settembre 1763 e pubblicata dai Sig. Dino Mantovani nel suo importante libro: Carlo Goldoni e il Teatro di S. Luca a Venezia (Milano, Treves, 1884). La frase della lettera però, che allude all’Addio recitato dalla Bresciani l’ultima sera del Carnovale 1761, è alquanto ambigua. Io qui, in mancanza d’altri documenti, debbo stare alle date e alle indicazioni, che trovo nelle Opere del Gozzi. Ma probabilmente la data del 1761 è dal Gozzi scritta more veneto o secondo l’anno teatrale. In tal caso l’Addio sarebbe stato recitato più tardi. Ma tuttociò è incerto.