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prefazione. lxxxiii

conda tesi era assai più giusta della prima ed accostava un po’ più il Gozzi al fine via via poi sempre più maturatosi nella sua mente, di rialzare cioè e ringiovanire con arte le tradizioni del teatro, alle quali il mestierismo dei comici ed il corrotto gusto del pubblico aveano quasi tolto ogni luce ed ogni vigore. Incominciava subito così a delinearsi la contraddizione, in cui l’arte poetica del Gozzi sta con lo spirito e coi propositi della sua critica. Ma non è questa, come vedremo, la sola, nè la maggiore delle contraddizioni del Gozzi.

Quanto al Goldoni, esso non potè patire in silenzio le vittorie del Gozzi. Già i suoi Comici erano irritatissimi di essere stati tirati in ballo essi pure nel Canto Ditirambico dei Partigiani del Sacchi Truffaldino ed in un sonetto, dove il Gozzi, schernendoli d’essersi impermaliti, diceva:

O Medebacche, o Falchi, o Maddalena,
Ircana1 e voi Rosaura, e voi, Magnano,
Venite tosto a baciarmi la roano,
Che a torto il Ditirambo v’avvelena.2

Nell’Addio dell’ultima sera del Carnovale 1761 il Goldoni fece dunque dire al pubblico dall’Attrice Bresciani:

  1. Soprannome popolare dell’attrice Bresciani, che rappresentò per prima la parte d’Ircana nella Sposa Persiana del Goldoni. — Vedi: Goldoni. Memorie. Parte 2. Cap. 18.
  2. Carlo Gozzi. Opere. Ediz. 1772. Tom. VIII, pag. 180.