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72 la marfisa bizzarra

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     Marfisa guarda l’un l’altro nel viso,
e scherza or col cucchiaio or col coltello,
ed or sul grasso in qualche tondo intriso
scrive con la forchetta, or fa fardello
del tovagliuolo, or suona all’improvviso
con le dita in sul desco il tamburello,
or crolla il capo, or s’affisa nel tetto,
e mostra fuor ciò che serra nel petto.
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     In tutti gli atti si vedeva aperto
ch’ella voleva alcun le ragionasse,
per appiccare una sciarra, un concerto
di voci, che tre ore lungo andasse.
Ma poich’ella ebbe il silenzio sofferto
un pezzo senza che alcun le parlasse,
sendo il pranzo finito, in Rugger fisse
tenne le luci bieche e poi gli disse:
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     — Tempo è ch’io, stanca, fracida, annoiata,
me n’esca un tratto da questa famiglia,
e rimanga padrona la cognata
che un po’ troppo il buon sposo suo consiglia.
Però, signori, io mi son maritata;
abbiate se il volete maraviglia:
il marchese Terigi è giá mio sposo,
né fia, quando a me piace, difettoso.
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     Non crediate v’avvisi perch’io creda
esser tenuta a dirvi i fatti miei.
De’ pregiudizi antichi non son reda
e d’ubbidenze sciocche da plebei:
le mie letture hanno fatto ch’io veda
che farlo senza dirvelo potrei.
Ma perché so che di Terigi ostico
vi sembra il nodo, appunto ve lo dico.