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Quando passava le barche sui fiumi,
dove per i cavalli e per le ruote
si paga e le persone, avea suoi lumi,
e dicea d’esser del padron nipote.
Poi si grand ’aria mostra ne’ costumi,
e franco è si che lascia le man vuote
al barcaiuolo, ed al partir: — Se mai
t’occor mia protezion — dicea, — l’avrai. 8
Tuttoché Filinor studi ogni punto
j)er il risparmio, alcuna volta a forza
o per la pioggia o per il fango è giunto
dove la sete co’ danar s’ammorza;
sicché della pecunia è quasi munto,
e va gridando al cocchier: — Batti, isforza, —
che col viaggio il terzo gli mancava.
Il cocchiere or rideva, or bestemmiava. 9
Perch’era come a batter delle botti
che fosser vuote, a picchiar que’ cavalli;
si rimbombavan né sentiano i bòtti,
perocché in ogni parte aveano calli.
Né pensar mai che nessun d’essi trotti;
s’ivan di passo, era da ringrazialli.
Sappi che alcuna volta si fermavano
e come pietre il flagel sopportavano. 10
Un giorno, albergo a mano non trovando,
dicea ch’era vigilia con digiuno
ed altre maliziette va innestando.
— Tiriamo innanzi — diceva a ciascuno.
Il lacchè disse: — Io mi vi raccomando:
voi non mi siete padrone opportuno; —
e gambettando con gran leggiadria,
con l’arme del Vesuvio fuggi via.