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32 la marfisa bizzarra

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     Si vedean per le vie donne appassite,
livide sotto agli occhi e diroccate,
con certi maschi a’ fianchi, olmo alla vite,
che avean le guancie vizze ma lisciate.
E vecchi in gala e vecchie inviperite,
con nastri e piume e fiori e imbellettate,
l’essenze, i diavolon, l’odor di fogna
confondevano, e d’arca e di carogna.
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     E perché ad Aldabella virtuosa
non si poteva apporre alcun peccato,
ed era rispettata e gloriosa,
per la via d’un contegno misurato,
la schiera delle matte invidiosa
aveva il gran delitto in lei trovato,
cioè che dicea mal delle sfrenate:
— Ergo non è — dicea — tra le beate. —
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     Il modo del pensar ridotto a tale
era, e guasta e corrotta si la gente
che non si potea dir piú mal del male,
senz’esser giudicato maldicente
e seccator misantropo bestiale
da punir colla sferza onnipossente,
o per lo men da chiudere in prigione
a far co’ topi e i cimici il Catone.
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     De’ guidaleschi fracidi d’allora
io non vi do di cento una misura;
pur d’ogni bocca stretta uscivan fuora
queste parole: — Buon gusto e coltura,
delicatezza e buon senso c’infiora,
e veri lumi ed eleganza pura. —
S’un dicea «sterco» per inavvertenza,
gridavano: — Che porco! che indecenza! —