Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/360

350 la marfisa bizzarra

di vere e proprie Annotazioni le poche e brevi note sparse qua e lá nell’edizione Colombani.

Questa nuova edizione avrebbe dovuto esser costituita, secondo il desiderio dell’autore, da due piccoli volumi1, e recare il titolo:

La Marfisa bizzarra, poema faceto del conte Carlo Gozzi veneziano, cogli argomenti del ntedesitno autore. Seconda edizione, ricorretta, emendata e accresciuta, giuntevi alcune annotazioni al fine d’ogni canto.

Senonché la desiderata ristampa, per ragioni a noi ignote, non potè mai aver luogo, vivente il G. Dopo la sua morte (1806), l’esemplare da lui postillato, venuto in ereditá al nipote Carlo (figlio di Gasparo), fu da quest’ultimo dato temporaneamente in prestito al segretario Gradenigo, che s’affrettava a ricopiare giunte e correzioni su d’un altro esemplare, alla fine del quale annotava:

«1806, 14 luglio. Ho io sottoscritto terminato di copiare le aggiunte e le correzioni fatte dal chiaro autore sull’origfinale che potei avere scritto dal di lui carattere. Gradenigo». Quasi nel medesimo tempo (1809) Angelo Dalmistro, grande ammiratore del Gozzi, s’accingeva a curar lui la nuova edizione della Marfisa.

Ottenne in prestito l’apografo Gradenigo, lo apparecchiò per la stampa, aggiungendovi di sua mano altre correzioni, trovò anche lo stampatore: non restava altro (cosa che a lui sembrava facile) che il giá ricordato erede del Gozzi accordasse il necessario consenso.

«O il nipote dell’autore — scriveva da Montebellun, il 5 febbraio 1809, per l’appunto al Gradenigo — la fa stampare egli, o facciola stampare io: in ogni maniera io ne sarò contento, purché un si ricco dono si faccia all’Italia, che da qualche anno l’aspetta».

Ma, o che il consenso non fosse stato dato o quale altra sia stata la ragione, la ristampa, disegnata dal Dalmistro con tanta fermezza di propositi, andò in fumo. Chi ci perdette piú di tutti, fu il povero Gradenigo. È vero che il Dalmistro gli aveva promesso, nella lettera avanti citata, che «l’esemplare postillato, anzi corredato di giunte, da lui favorito, sarebbe stato tenuto sotto la piú stretta custodia diurna e notturna». Senonché codesta custodia fu cosí ferocemente gelosa o (che può anche darsi) cosí sciaguratamente

  1. Quest’esemplare preparato per la stampa era «diviso in due tometti, legati in rustico, con carte frammezzate... Il primo tonietto aveva pagine 226 tra stampa e ms., il secondo... pur pagine 226...; senonché per errore era scritto 126» (Cicogna, loc. cit.).