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Una parte della storia della Marfisa è data dal G. stesso, un po’ nella prefazione, un po’ nelle Annotazioni. Sicché possiamo risparmiarci di rifarla per intero, bastando riprenderla dal punto in cui l’autore l’ha lasciata.

Scritti dunque i primi dieci canti nel 1761, e gli ultimi due, nonché dedica e prefazione, sette anni dopo (cioè nel 1768), il G. tenne chiuso per altri quattro anni il ms. nel suo cassetto, prima di darlo alla luce. Infatti soltanto nel 1772, con la falsa data di Firenze (ma con l’aggiunta: «E si vende da Paolo Colombani in Venezia, all’insegna della pace»), venne pubblicata per la prima e sola volta: La Marfisa bizzarra, poema faceto, nelle opere del conte Carlo Gozzi tomo VII. È un volume in-i6 di 398 pagine, oltre una pagina innumerata di Errata-corrige, nella guale, a dir vero, non è elencata neppure la metà dei molti errori di stampa ond’è deturpata la non bella edizione.

Del lavoro il G. non restò troppo soddisfatto: gli pareva, a suo dire, macchiato «di sbagli ed errori, i quali accrescono bruttura alla naturale bruttura del poema»1. Perciò, a libro finito, e, come pare, dopo il 17972, vi tornò su, e ne apparecchiò una seconda edizione, tempestando di correzioni i margini d’un esemplare stampato, intercalando alcune giunte e portando alle proporzioni

  1. Gamba, in Biografie degli italuxni illustri del Db Tipaldo, ni (Venezia, 1836), 339 «•
  2. «Osservo che le giunte e annotazioni del G. devono essere state da lui fatte dopo il 1797, cioè dopo la caduta della repubblica, se non tutte almeno in parte, giacché nella annotazione alla stanza 46 del canto quinto si parla del bucintoro come cosa ch’era riccbiasima». Cosi il Cicogna, nel suo proemio più appresso citato.