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appendice 337

Stanza 46.

che pareva quel giorno il bucentoro...

Il bucentoro era un naviglio ricchissimo, tutto intagli e dorature, d’un costo sommo, in cui il doge di Venezia nel giorno dell’Ascensione veniva condotto al porto di mare detto del Lido, con un séguito di galere e gran numero di barche; laddove giunto, per segno di antico dominio del mare Adriatico, sposava, con un anello gettato nell’onde, codesto mare.

Stanza 114.

Marco dal pian di San Michel, poeta...

Cioè l’abate Chiari, di cui l’autore della Marfisa dá un’idea del carattere in quell’ottava e nella seguente.

Stanza 113.

Anche Matteo, poeta suo nimico...

Il Goldoni ed il Chiari erano in quel tempo rivali e nimicissimi.

Si censuravano ferocemente nelle opere loro. In quell’ottava l’autore della Marfisa fa una pittura del carattere del Goldoni, gran coltivatore d’un grosso partito agli scritti suoi con una umiliazione e un’adulazione niente poetica.

Stanza 117.

Dodone dalla mazza, detto e il santo»,
era venuto, e guardava ogni cosa
stando a un tavolier solo da un canto,
facendo vista di fiutar la rosa.

L’autore della Marfisa, figurato nel paladino Dodone, si spassava continuamente a far l’osservatore e l’anatomista sui caratteri, sul pensare e sul raziocinare dell’umanitá, come si può rilevare dal suo poema e da tutti gli scritti suoi.

Il giuoco dell’«undici», descritto nell’ottava soprapposta, è giuoco cappuccinesco e da solitario, che cerca un passatempK) in una combinazione semplice di numeri da sé solo in disparte, per non impegnarsi in partite di giuochi di carte d’applicazione, da lui abborrite, e per star separato da una societá romorosa.