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Stanza 46. che pareva quel giorno il bucentoro... |
Il bucentoro era un naviglio ricchissimo, tutto intagli e dorature, d’un costo sommo, in cui il doge di Venezia nel giorno dell’Ascensione veniva condotto al porto di mare detto del Lido, con un séguito di galere e gran numero di barche; laddove giunto, per segno di antico dominio del mare Adriatico, sposava, con un anello gettato nell’onde, codesto mare.
Stanza 114. Marco dal pian di San Michel, poeta... |
Cioè l’abate Chiari, di cui l’autore della Marfisa dá un’idea del carattere in quell’ottava e nella seguente.
Stanza 113. Anche Matteo, poeta suo nimico... |
Il Goldoni ed il Chiari erano in quel tempo rivali e nimicissimi.
Si censuravano ferocemente nelle opere loro. In quell’ottava l’autore della Marfisa fa una pittura del carattere del Goldoni, gran coltivatore d’un grosso partito agli scritti suoi con una umiliazione e un’adulazione niente poetica.
Stanza 117. Dodone dalla mazza, detto e il santo», |
L’autore della Marfisa, figurato nel paladino Dodone, si spassava continuamente a far l’osservatore e l’anatomista sui caratteri, sul pensare e sul raziocinare dell’umanitá, come si può rilevare dal suo poema e da tutti gli scritti suoi.
Il giuoco dell’«undici», descritto nell’ottava soprapposta, è giuoco cappuccinesco e da solitario, che cerca un passatempK) in una combinazione semplice di numeri da sé solo in disparte, per non impegnarsi in partite di giuochi di carte d’applicazione, da lui abborrite, e per star separato da una societá romorosa.