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330 | la marfisa bizzarra |
della lingua litterale italiana e della colta poesia di vario genere, e gli scrittori che le sfiguravano e guastavano colle opere loro, d’un libero e goffo mescuglio di esteri linguaggi, di maniere e frasi grossolane, di ampollositá snaturate, di corrotti vernacoli.
Uno scopo, tra i molti altri dell’autore della Marfisa, accademico granellesco sotto il nome del «Solitario», fu di prendere di mira i cattivi scrittori che in quella stagione in Venezia sviavano le menti dalla coltura, e particolarmente il Goldoni ed il Chiari, scrittori di commedie, di romanzi, di prose e di poetiche composizioni in ogni genere e metro infelicissime. Si troveranno nel poema della Marfisa buon numero di squarci di censura e dileggio diretti a’ cattivi scrittori del tempo in cui fu composto, né si nega che, nel mezzo agi’ infiniti caratteri presi in generale, che campeggiano nel poema, sotto i due nomi de’ paladini Marco e Matteo dal Pian di San Michele sono figurati particolarmente il Chiari e il Goldoni, i due maggiori e piú arrabbiati nimici degli accademici granelleschi accennati.
Stanza 2. ... e farò come il Cordellina e Svario, |
Nel fòro veneto, alle dispute delle cause degli avvocati, v’è un avvocato che interrompe a diritto ed a torto con voce tuonante quell’avvocato ch’è l’ultimo ad arringare nella causa, e vien data poca retta da quello che arringa all’interruttore.
Cordellina e Svario furono due de’ piú celebri avvocati del fòro veneto.
Stanza 5. Di Marfisa bizzarra cantar voglio. |
Un certo Dragontino da Fano scrisse un poema nel Cinquecento, intitolato La Marfisa bizzarra, seguendo le fantasie romanzesche del Boiardo e dell’Ariosto meschinamente.