Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/329


canto duodecimo ed ultimo 319

151
     Condur la deggio in porto, ch’ella è stata
l’oggetto principal dell’opra mia.
Ogni arte, ogni scamoffia aveva usata
per far di matrimonio mercanzia;
ma ognun la fugge come spiritata
e come la beffana od un’arpia.
La favola s’è resa della piazza:
non v’è piú caso ch’ella faccia razza.
152
     La tossa è insuperabil, la febbretta
era una lima sorda quotidiana;
tal ch’ella finalmente si rassetta
ad una santitá bizzarra e strana.
Toglie di fare una vita negletta,
declama sopra la miseria umana;
sí vesta da pinzochera, scegliendo
per direttore un padre reverendo.
153
     Vuol una stanza picciola e dimessa
con poche sedie, semplice e sfornita.
Ogni giorno per patto si confessa,
ogni tre di va al pane della vita.
Tien la di vota Ipalca sol con essa.
Per cibo una panata ha stabilito,
e in una sua scodella la volea,
che il nome di Gesú nel fondo avea.
154
     Destava compunzione e riverenza
questa vergine mia pinzòcherona,
quando uscia col suo velo da Fiorenza,
che la copriva, e in man colla corona.
Avea di poverelli concorrenza
dove passava, e un soldo a tutti dona;
le baciavan le vesti, ed ella umile
dicea: — Non fate; io sono un vermo vile, —