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canto duodecimo ed ultimo 317

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     Non son nelle cittá minor gli affanni.
Pili non han dote per le figlie i padri;
o le maritan con lacci ed inganni,
o fan nuziali inventati leggiadri.
Hanno in dote la mensa per tre anni
gli sposi, che procreano de’ ladri,
ferché, saldato il conto, vanno al sole
gli sposi, i figli e la futura prole.
144
     I tuoi gabellier, tristi, sciagurati,
co’ tuoi governatori in alleanza,
hanno tutti scannati, scorticati:
non aver piú ne’ sudditi speranza.
Una gran parte andaron turchi o frati,
per fuggir le influenze e la possanza. —
Carlo cresce al suo pianto un’appendice,
con una bocca poco imperatrice
145
     dicendo: — Adunque pon’mano all’erario;
resterò miserabil senza cena. —
Ecco i ministri ch’alzano il sipario,
e son piú di duemila giunti in scena;
con un milion di conteggi in summario
e numeri minuti come arena
provano, co’ lor visi ilari e rossi,
che nell’erario v’eran pochi grossi.
146
     Mostran che gli stravizzi giornalieri
e del palagio i mobili moderni,
il lusso, il fasto, gli agi ed i piaceri
l’erario avean mandato sui quaderni;
che duemila salari all’anno interi
alle Lor Signorie, del Stato perni,
per tener il registro e la scrittura,
la dispensa rendeano chiara e pura.