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canto primo 21

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     E perché gli piacevano le dame,
ei fu inventor de’ cavalier serventi.
A vincer cori aveva mille trame,
perch’era un damerin de’ diligenti.
Né si curava di freddo o di fame,
per le servite, o di piogge o di venti,
ed ogni stravaganza sofferiva,
anzi lodava, anzi pur benediva.
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     Spesso con esse alla lor tavoletta
si ritrovava e mai non stava fermo.
Or tien lo specchio, or fiorellin rassetta,
e le guatava che pareva infermo.
E poi diceva piano: — Oh benedetta!
oh occhi! oh bocca! omè, non ho piú schermo,
so dir ch’io ardo sin nella midolla. —
Poi sospirava e fiutava un’ampolla.
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     Ed aveva anche pronte, non so co me,
le lagrimette quando credea bene.
Certo in far all’amor valea due Rome
e por sapeva a tutte le catene.
Addosso si può dir ch’avea le some
’di zaccarelle, o almen le tasche piene
di spille e nei e pomate e confetti,
essenze e diavolon ne’ bossoletti.
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     E sapea dibucciare e mele e pere
e melarancie dolci, e in spicchi farle,
poi rivestirle che pareano intere,
e gentile alle dame presentarle.
In mille forme lor dava piacere,
che l’arte ha sin ne’ cori a tasteggiarle,
e conforme a’ cervei sa porre il zolfo,
tal che tutte voleano il duca Astolfo.