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canto duodecimo ed ultimo 295

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     Studiato avea quella bella lezione,
che il mal occulto mal non era certo,
e che sol era mal d’opinione
quando venia nel pubblico scoperto;
donde una sua scientifica intenzione
va mulinando, d’uom di vero merto:
Turpin la scrisse e d’aver pianto accenna;
ed a me nelle man triema la penna.
56
     Trovo memorie di certo veleno,
di certi ordin secreti scellerati,
che ammorzan quasi il plettro nel mio seno;
pur i miei fogli esser denno imbrattati
di relazion da fare il gozzo pieno
a’ mascalzoni affamati e assetati,
che con lor voci chiocce van gridando,
seguita la sentenza o dato il bando.
57
     E deggio dir che vedovo è rimasto
il guascon della sposa cantatrice;
ma che il dotto pensiere gli fu guasto
che non sia male il mal dalla radice;
perché l’idea d’occultazione è un pasto
nell’empio malfattor molto infelice.
Le azioni proibite han troppe cose
che restar non le lasciano nascose.
58
     Nota che senza violenti brame
l’uom non si mette della vita a rischio.
Avarizia, vendetta, amore o fame
lo sbalordisce e fa calare al fischio;
e chi è fuor di sé, tutte le trame
non sa evitar né vede tutto il vischio;
cieco trasporto è guida e cieche desta
d’occultazion lusinghe in cieca testa.