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canto duodecimo ed ultimo 285

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     Arsi ha i viglietti delle ordinazioni
Dodone e verso Francia via galoppa,
dicendo: — O vili, o porci, o mascalzoni!
Rotta ogni chiave ornai, rotta ogni toppa.
Astucci d’oro, e d’or repetizioni!
Color mi pagherieno alfin di stoj^pa.
Guaine, unguenti, libri da puttane!
M’hanno posto nel ruol delle ruffiane. —
16
     Cosi ridendo ed ora bestemmiando,
sprona il destriere e spaccia la campagna.
Ora troviamo un poco il conte Orlando,
che cerca invan Marfisa in Alemagna.
In una piazza a Vienna capitando,
gente vide che s’urta e si scalcagna,
che usciva fuor d’un grand ’uscio ed entrava
al quale un carantano si pagava.
17
     Sopra quell’uscio grande una gran tela
era appiccata, e un uom dipinto in questa:
parca formato il quadro d’una vela,
tanto è l’uom di statura disonesta.
Fuori è un che trangoscia e si querela
con voce roca, e sopra al quadro pesta
con una verga, e grida, e ognun consiglia
ad appagarsi della maraviglia.
18
     Orlando guarda la trista pittura
del gigante ivi esposto, e crede certo
che ignota non gli sia quella figura;
pure il ritratto non conosce aperto.
La curiositá della natura
lo spinge all’uscio; il carantano ha offerto;
entra ed iscopre con stupor davante
spettacol del casotto il gran Morgante.