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270 la marfisa bizzarra

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     La Stizza del sentir discorsi sciocchi
pose a Marfísa l’altra ira in bilancia,
e disse: — Non può far che l’ora scocchi;
t’immaschera al costume della Francia,
perocché le tue ciarle da pidocchi
gorgogliar presto mi farien la pancia. —
E brievemente andarono a vestirsi
per gir alla commedia a divertirsi.
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     E mascherate al teatro sen vanno,
l’una com’uomo e l’altra come dama.
Al numer diciassette picchiato hanno:
Ferrali tosto, per acquistar fama,
apre, mettendo Ipalca a saccomanno
con ceremonie, e quel momento chiama
felice, glorioso, e dá del resto;
ma Ipalca affatto era inesperta a questo.
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     Sei volte un’«umilissima» infilzando,
con rossor di Marfisa, entra e s’asside:
il sipario, che allor si andava alzando,
il complimento, grazie a Dio, recide.
La commedia si fa. Di quando in quando
si picchiano le mani e il popol ride,
e perch’ella era alquanto curiosa,
Turpin ci lasciò scritta qualche cosa.
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     V’erano in essa di molti cristiani
posti in aspetto obbrobrioso e tristo,
preti papisti e frati veneziani,
ch’altro eran ben, che imitator di Cristo.
Ma tra gli altri cattolici romani,
entro a quella commedia un ne fu vistò
d’un secolare spigolistro avaro,
che all’uditorio turco assai fu caro.