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258 la marfisa bizzarra

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     Entravane un con faccia larga e grassa,
rossa pel vin, pel sole abbrustolita,
con la parrucca come una matassa
di Un, non ripurgata o ribollita,
che per le guance penzolava bassa,
con la coduzza dietro di tre dita:
entrando, a tutti facea riverenza,
e poi siede va con magnificenza.
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     Un altro con la faccia lunga e nera
ha le banduzze corte e inanellate,
un parrucchin con gli aghi e con la cera,
con sevo e gran farina impastricciato;
e nondimen con una sicumera
nella bottega a seder era entrato,
che mettea suggezione a tutti quanti,
perocch’era un di quei che aveano i guanti.
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     Era quel parrucchino una letizia,
sul viso lungo e ner, si corto e bianco;
e la bizzarra gli facea giustizia,
ridendo si che le scoppiava il fianco.
Quel gentiluom non entrava in malizia,
che di sé troppo è persuaso e franco;
ma giudicando con sua fantasia,
sorride anch’ei per social pulizia.
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     Vedeansi giovanastri coi vestiti
di qua e di lá con gli ucchiei replicati,
ma sopra il destro quarto ricuciti,
segno evidente ch’eran rivoltati.
Gli untumi pel calor gli avean traditi,
ch’anche al rovescio s’erano affacciati,
massime sulla schiena a’ capei sotto,
ed è superfluo il ragionar del rotto.