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256 la marfisa bizzarra

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     — Oh, Maria del rosario! — rispondeva
Ipalca — io tutto fo per un buon fine. —
AUor Marfisa piú forte rideva,
ischiamazzando come le galline.
Ognun di que’ villani rifletteva
che si godesse delle lor dottrine,
dicendo: — Quello è un paladin, ch’approva
che noi sappiam dove la lepre cova.
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     S’egli ha campagne, a fitto le torre mo;
quanto al rubar, veggiam ch’egli è in accordo;
alle guagnel Io rigoverneremo;
ognun dal canto suo spennacchi il tordo. —
La predica frattanto era all’estremo
di quel piovan, che predicava al sordo;
la turba in chiesa ad ascoltar tornava
quel rocchio della messa che restava.
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     A questo passo Turpin moralista
fa parecchi riflessi, ch’io vi taccio.
Forse la sua moral parrebbe trista
a un secol ripurgato per lo staccio.
De’ paladin l’esempio lo rattrista,
e vuol la correzion del popolaccio
dipendente da quel; ma veramente
Turpino fu scrittor di poca mente.
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     Perché voleva che la religione
utile fosse anche dal tetto in giuso.
Quanto alle ruberie delle persone,
si corto fu che le chiamava abuso,
e prese un granchio a chiamar «corruzione»
alla coltura perspicace e all’uso;
dond’io d’epilogarvi non mi degno
i riflessi d’un uom di poco ingegno.