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canto decimo 231

23
     Quindici giorni è stato il traditore
da que’ romiti, e sempre ha miglior cera,
perché, lavando il viso, quel giallore
ad arte fatto alfin sparito s’era.
— Certo — dicea, — giugnendo al genitore,
vo’ spedirvi un miracolo di cera,
e vo’ aggiungere un’ala al romitoro,
ed un aitar da spendere un tesoro. —
24
     Ogni di con l’abate disegnando
va una fabbrica nuova nel sabbione,
e va crescendo idee di quando in quando:
— Io vo’ l’aitar — dicea — di paragone. —
L’abate rispondeva: — Io non comando:
seguite pur la vostra ispirazione. —
E la cucina ogni giorno crescea,
sicché del fabbricar cresce l’idea.
25
     Da molti testimon giurati il caso
fecion deporre i frati, onde n’andasse
girando a stampa dall’orto all’occaso,
acciò al convento la pietá abbondasse.
Un testimon non era persuaso,
ma pur convenne alfine ch’ei giurasse,
perché il prior zelante al Sant’uffizio
gli minacciava accuse e precipizio.
26
     Qui ristorato dal pellegrinaggio
e ben disposto e in gamba, il traffurello
cominciava a dispor di far viaggio,
perché temeva sempre del bargello.
L’abate vuol che pel cammin selvaggio
dieci villani armati abbia con elio.
Disse il guascone: — Un laico mi darete
e qualche cavallaccio, se l’avete.