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226 la marfisa bizzarra

3
     Di questi peccatori il gran flagello
ed il ribrezzo e la disperazione
esser sogliono i birri col bargello.
Quando girar gli vedono un cantone,
par loro avere in sul capo il mantello,
hanno la mente in gran confusione
e, come Filinor, con una cesta
fuggirien, che non hanno piú la testa.
4
     Giunto il guascone un giorno a una callaia,
vide poco da lunge un romitoro,
non di graticci o canne o d’altra baia,
come scrivean gli antichi di pel soro;
ma come, verbigrazia, quel di Praia,
con giardin sotto e terre di lavoro,
dove i romiti in pingue santimonia
vivean, come Turpin ci testimonia.
5
     Messer l’abate in quel colto disertò
aveva fama d’esser un uom santo.
Santo o non santo ei fosse, questo è certo
che non avea mai posa tanto o quanto;
perocché ricorreano al suo gran merto
spesso infermi ed inferme in doglia e in pianto,
spiritate, gelose e disperate
a farsi benedir da quell’abate.
6
     L’empio guascon pensò come potesse
viver parecchi giorni a bertolotto.
Come alla paperina e ben si stesse
entro a quel romitorio, era giá dotto.
Parecchie erbette, ch’eran quivi spesse,
con fior giallastri va cogliendo il ghiotto,
e fregandole al viso ed alle mani,
divenne come un uom di que’ mal sani.