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canto nono 213

31
     Vanno rimproverandole la vita,
gli amori e il mal costume, che seguia;
dicendo che dal secolo tradita
era, perocché il secolo tradia.
Marfisa non può muovere le dita,
ma la lingua robusta in bocca avia;
e poich’ebbe sofferta alcuna cosa,
si volse e disse irata e furiosa:
32
     — Non mi seccate piú, stolide, sciocche,
con tali vostre scempie dicerie.
Altro ci vuol che queste filastrocche,
a convincer di torto le par mie.
Se poteste parlar con quelle bocche
che avete in core, disperate arpie,
del secol parlereste d’altra norma,
e della sua materia e della forma.
33
     So che date nel cor maledizioni
divote a chi vi chiuse, a tutte l’ore;
e quando recitate le orazioni,
la peste a Dio chiedete al genitore;
e con gli amòri e con le tentazioni
disperar spesso fate il confessore;
e quando una vi parla del marito,
non vorreste il discorso mai finito.
34
     Come la volpe le ciregie sprezza
che sono in cima troppo e non le arriva,
voi, che siete legate alla cavezza,
sprezzate il secol che di sé vi priva.
Per invidia, con voi nella sciocchezza
tirar vorreste ogni donna che viva,
e per ridurvi in copia senza fine
dove disperazion vi manda alfine. —