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canto nono 211

23
     Nessun può col cervello immaginare
biscia, serpente, tigre o lionessa,
che alla bizzarra possa somigliare,
all’ultimo parlar della badessa.
— Perdio, pelate — cominciò a gridare, —
ch’io sarò a pezzi, a spicchi, a quarti messa;
se foste mille, non avrò paura:
non mi terrete dentro a queste mura. —
24
     E cominciava a correre alla porta.
La badessa gridava: — Suore, all’erta! —
Le suore l’una l’altra si conforta;
corron j)erché la porta non sia aperta.
Spingon Marfisa a terra; ella è risorta,
e co’ punzon le monache diserta,
lacera bende e scinge e strappa tonache.
Non so spiegar le strida delle monache.
25
     Son corse le converse di cucina
e quelle che nell’orto stan zappando.
Col pastorale, come una gallina,
sta la badessa altera crocidando.
La vecchiarella vicaria, meschina,
con una sua reliquia sta segnando.
La sacristana un cingol ha di prete;
g^da lontan: — Vi lego, o v’arrendete. —
26
     A Marfisa il zendale è gito a terra:
tre suore in quello sonp incespicate.
Cadute, alla bizzarra fanno guerra
con graffi e morsi, alle gambe attaccate.
Marfisa un Cristo appeso al muro afferra
e loro dá di gran crocifissale.
Ma s’accrescevan sempre le milizie:
son giunte la maestra e le novizie.