Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/219


canto nono 209

15
     Basta che Fiordiligi fé’tenere
alla bizzarra il vigliettin che ho detto.
Marfisa n’ebbe un lago di piacere;
da’ pie le corse il sangue all’intelletto;
e non aspetta altro messo o corriere,
che del guascon ragionava il viglietto
e le dicea: «Venite tosto e sola,
ch’io v’ho a dir molto grata una parola».
16
     Era il meriggio, era di maggio il mese,
il foglio a pranzo invitava la dama.
Sappi, lettor, se tu non se’ francese,
che a Parigi non s’usa quella trama
di proibir, "come in altro paese,
d’andar nel chiostro a visitar chi s’ama.
In qualche giorno questo vien permesso:
correa quel giorno libero l’ingresso.
17
     Mette il zendal Marfisa in sulla testa,
facendo «bao bao» col suo ventaglio;
giugne al convento, e la campana presta
tira, e gran picchi fé’dare al battaglio.
La portinaia, suor Maria Modesta,
correva al bucherello in gran travaglio,
ch’una seconda scossa si villana
potea gettare in pezzi la campana,
18
     Vide Marfisa, e presto apre la porta,
che avea precetto della superiora;
poi chiude l’uscio e le fa innanzi scorta,
e la conduce come traditora.
Marfisa va che il diavol ne la porta;
di saper del guascon non vede l’ora:
ben cinque porte dietro le son chiuse,
né cerca lo’mperché, né chiede scuse.