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202 la marfisa bizzarra

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     Se Turpino avea naso pavonazzo,
a questa volta se gli fece nero.
Comincia i piedi a batter sullo spazzo,
e a gridar forte: — Oh, corpo di san Piero!
Oh! io fo bene assai, se non impazzo
per le parole che tu di’, Ruggero.
Che non fec’io per porre j preti a freno
con duemila decreti o poco meno?
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     Minacce, sospension, che vaglion mai
in questo nostro secolo meschino?
Don Berto dice: — Grida, se tu sai,
ch’io sto in casa d’Astolfo paladino. —
Don Martin dice: — Io bado bene assai;
son mignon di Baiona d’Angelino. —
L’altro di Berlinghieri è creatura,
e delle correzion non ha paura.
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     Gli sospendo a divinis o la messa:
dicon che loro era cosa molesta;
o spinto dal furor d’una contessa,
vien qualche duca a rompermi la testa;
e venti e trenta e cento ed una pressa,
mi strapazzano alfin con gran tempesta:
convien che il prete la sua messa dica,
s’io non vo’ morir martire all’antica.
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     E tu sai ben, Rugger, che in casa tieni
don Guottibuossi, prete alla moderna;
e vita contro me vuoi pur che meni,
che serva dama e vada alla taverna;
né ti vergogni e improverar mi vieni!
Or ti castiga la bontá suprema. —
Volea piú dir Turpin, ma quel di Risa
replica che l’aiuti per Marfisa.