Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/210

200 la marfisa bizzarra

67
     E passa il vizio per ereditade
di madre in figlia e di padre in figliuolo.
Invero io veggio cose per le strade,
ch’io tiro salti come un cavriolo,
perché a’ miei giorni erano cose rade,
ne’ piú rimoti nascondigli solo;
e vorrei divenire e cieco e sordo,
quando i nostri bei tempi mi ricordo.
68
     Ben sai, Rugger, che storico son io
de’ fatti del re Carlo e de’ campioni.
Quand’io confi^onto í fatti vecchi e il mio
scriver novel, mi triemano gli arnioni.
L’imbroglio nel qual sono, lo sa Dio,
nel porre a libro le novelle azioni.
Il lusso, l’ozio ed il costume tristo
forman casi ridicoli, per Cristo!
69
     Son ridotto a notar: «Nel tal millesimo
le donne si tagliar corti i capelli.
Del tal la moda non volle il medesimo;
lunghetti e pengiglianti volle quelli.
Nel tal fatti in cignone sul battesimo.
Nel tale co’ bone, poi co’ cappelli;
e i merli si cambiar© in «milionetti»,
e furo a mostra i tettaiuol de’ petti.
70
     Re Carlo fece una festa da ballo;
il duca Astolfo ebbe il piú bel vestito;
il miglior danzatore senza fallo
fu il marchese Olivieri a quell’invito.
Del tal anno correva il color giallo,
e del tale il cilestro fu gradito.
Il guernire a gallon divenne gramo:
fu moda lo scarlatto col ricamo.