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canto ottavo 197

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     Morto Gano, il guascon divenne come
un uom storpiato a cui la gruccia è tolta.
Ognuno a modo suo gli cambia nome,
e in ridicci lo mette e non l’ascolta.
Un fulmine gli venne in sulle chiome,
ch’ogni fortuna sua gli ebbe sepolta,
perché una legge nuova è fuori uscita,
che i duelli bandia, pena la vita.
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     Contro la legge egli era sfidatore:
fu rilasciato l’ordin di pigliarlo.
S’avvide il furbo, e di Parigi fuore
fuggi né si potè piú ritrovarlo;
e fu bandito come traditore,
con taglia a chi potesse ghermigliarlo.
Marfísa, come il bando udi gridare,
voleva alla cittá foco appiccare.
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     Se mai le lingue a screditar la dama
s’erano per lo innanzi affaticate,
in cento doppi al bando ognun l’infama,
narra le storie vere ^ le sognate.
L’infelice Rugger per la sua fama
don Guottibuossi chiama a sé, l’abate.
Il prete ha stabilito poco innante
una risoluzion con Bradamante.
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     E disse: — Per tór via peggior vergogna,
che potria far Marfisa al nome vostro
(ch’io so ch’ella è disposta e ch’ella agogna
fuggir di notte dietro al suo bel mostro),
far istanza a Turpino vi bisogna
che a ficcarla v’aiuti in qualche chiostro.
Dalla man vescovile ivi serrata,
crepi di rabbia, giovane o invecchiata. —