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192 la marfisa bizzarra

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     Scrive Turpin che a questa volta sola
pianse Marfisa assai dirottamente.
Abbracciando Ermellina, la parola
non potea sciór pel singhiozzar frequente.
Poi disse alfine: — Amica, la tua scola
non voglio disprezzar, sarò prudente;
ma dell’abbandonare il mio guascone
io non ho cor per tal risoluzione.
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     Caro colui! Quegli occhi, i capei biondi,
lo spirito elevato, l’eloquenza,
que’ sospir caldi, i sguardi moribondi,
la franchezza, l’affabile presenza,
le erudizion che vaglion mille mondi,
quella non so qual nobile insolenza,
quel sprezzar snello e quella maggioranza
fanno che del cor mio non me n’avanza.
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     E’ tiene un alfabeto regolato,
co’ nomi e colle nascite a puntino,
d’ogni tenor, di qualunque castrato,
e d’ogni ballerina e ballerino,
e d’ogni cantatrice sa il casato,
l’abilitá, la vita e il vagheggino;
insomma un cavalier d’usanza nuova
piú pulito di lui non si ritrova.
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     Dio ti dica per me se delle mode
ei s’intende all’eccesso, e del buon gusto
e delle acconciature e delle code,
d’un abito, d’un drappo e d’un imbusto;
se in un teatro sa chi merta lode,
se d’un poeta sa decider giusto.
Di Marco e di Matteo nelle riforme
scopre il bel, vede il buono, è a me conforme.