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canto ottavo 191

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     Credi alfin che la donna in suo contegno,
che dello stato suo la legge osserva,
laudata vien dal degno e dall’indegno,
e general riputazion conserva.
Questo sciòr matrimoni a un picciol segno
e del proprio capriccio farsi serva,
il cambiar Filinori a fantasia
e il cagionar duelli, è una pazzia. —
32
     Dall’Ermellina in fuori, la bizzarra
un tal discorso non avria sofferto.
In sulla lingua avea la scimitarra;
pur disse cheta: — Io non credea per certo
che mi veniste innanzi con le carra
di riflession, ch’io dono al vostro merto.
Leggi o non leggi, universale o mondo,
io nulla intendo e nulla mi confondo.
33
     Piú libera di me ne’ portamenti
è la duchessa Fulvia de’ Migliori,
e la reina Isotta fa portenti,
e la marchesa Ilaria co’ signori.
— Allega delle matte piú di venti
in tua difesa, alfin poco t’onori
— disse Ermellina, — ch’anche i disperati
dicon: — Non sarem soli in fra i dannati. —
34
     Orsú, tu dèi lasciar cotesta vita
e devi Filinoro abbandonare.
Pónti in contegno, ed a Terigi unita
voglio vederti e il filo rappiccare.
La giovinezza fugge, e quando è gita,
sai che non suole addietro ritornare.
Ti ridurrai vecchiaccia ricusata,
abborrita, ridicola e muffata. —