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canto settimo 179

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     — E sapete perché — gridava il frate —
Pietro avea detto il falso, e il vero Cristo?
Questo fu: state cheti e m’ascoltate.
Perché di Pietro piú ne sapea Cristo. —
Turpino scrive che le sputacchiate,
a questa distinzion tra Pietro e Cristo,
furon tremila cento e settantotto,
e che rise Dodon che gli era sotto.
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     Ma ripiglio la storia. Il fraticello
de’ costumi del secol predicava.
Sedea Terigi proprio in faccia a quello,
che con gli occhi suoi tondi l’ascoltava.
Un sedil vuoto ha innanzi, e il frasconcello
del guascon con disprezzo Io pigliava;
gli siede avanti, e talor si volgea
e lo guardava in viso, e poi ridea.
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     Parecchie asinitá, simili a questa,
dice Turpin che gli andava facendo;
ma l’ultima gli fu tanto molesta,
che fu quasi per trarre un guaio orrendo.
Una lettra il guascon poco modesta,
che ancor fresco ha l’inchiostro, va leggendo,
e la tien tanto aperta e si palese,
che leggerla potesse anche il marchese.
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     In fronte avea la lettera: «Cor mio!»
il contenuto non lo voglio dire;
basti saper che il fine era un addio
da far di tenerezza un uom svenire.
— Miserere di me, che mai vegg’io! —
disse Terigi e si potè sentire;
perch’ell’era una lettera, una manna,
di pugno proprio della sua tiranna.