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174 la marfisa bizzarra

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     Era, come abbiam detto, quel guascone
un garzonaccio del nuovo costume,
e la trattava con adulazione,
con un ruscel di lodi, con un fiume.
Partito dalla sua conversazione,
dicea: — Son secco, piú non vedo lume:
son pur noiose queste innamorate; —
e s’inventava cose da stoccate.
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     Talor diceva: — Io fui da quella matta;
non poteva sbrigarmi dall’assedio:
quand’io ci son, non vai che la combatta
perché mi lasci andar; non c’è rimedio.
La mi guarda languente, contraffatta;
la trae sospiri, ch’io muoio di tedio.
Le puzza il fiato si, quando l’ho presso,
ch’io soffrirei piú volentieri un cesso. —
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     La dama gli avea dato qualche volta
del matrimonio con Terigi un cenno.
Il guascon detto avea: — Siete sepolta;
pur le promesse mantener si denno:
ma se goffo è il marito, ha fatto còlta
la donna, ed ha fortuna s’ella ha senno.
Voi m’intendete giá: questi imenei
son per comoditá dati dai dèi. —
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     Rideva la fanciulla estremamente,
dicendogli: — Tu sei pur spiritoso. —
Quel garzonaccio aggiungea prestamente
detti peggior, sicch’io dirli non oso.
Quando partia, Marfisa diligente
Ipalca gli spedia senza riposo,
e sali, e dolci accuse si mandavano,
e viglietti infocati che fumavano.