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canto settimo 173

55
     Volle che Filinoro grli facesse
una scrittura, in viso assai cortese,
con la qual dell’incarco promettesse
a Gan cento zecchin pagar il mese.
— Di questi celebrar fo tante messe
e marito fanciulle del paese —
diceva il conte; e Filinor fu tosto
per questa via nell ’incarco riposto.
56
     Non si potria mai dir la i)etulanza
del guascon, quando egli ebbe il posto altero.
Tutti disprezza, e con poca creanza
trattava ogni piú antico cavaliero.
— Il parlamento ebbe una gran baldanza
a non darmi il sigillo dell’impero
— diceva; — per sua parte n’ho vergogna
e gliene incaco e peggio, se bisogna.
57
     Marfísa a’ paladini aveva detto
€ assassini» e «briccon» con insolenza,
che non aveano Filinoro eletto:
gli discacciava dalla sua presenza.
Veniva il buon Terigi, poveretto;
ma lo trattava con indifferenza.
De’ tremila zecchin piú non parlava:
la trama col guascone seguitava.
58
     Chi avesse detto a Terigi: — Marchese,
la somma de’ zecchini avete data
perché il guascon sia glande a vostre spese
e possa corteggiar la vostra. amata, —
credo che in un pilastro del paese,
fuori di sé, la testa avrebbe data;
che certo dopo quell’opra famosa
Marfísa e Filinor sono una cosa.