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canto sesto 155

87
     La mano intera aggiunge al moncherino,
e tenendo all’aitar le luci fisse,
ch’Illarion parea, non Angelino,
sospirando e piangendo cosí disse:
— Dio, nel mio sen col vostro occhio divino
tutto scorgete, e se per boria o risse
concorro a quest’incarco, o s’è infinita
necessitá di questa vostra vita.
88
     Ogni male ho sofiferto estemo e interno,
ferite e storpi e sonno e fame e sete,
per servire al mio re, se ben discemo.
Giunto sono all’etá che mi vedete,
e storpi e fame ed ogni mal governo
son pronto a sofferir, se voi volete,
che dobbiam sostenere di concordia
la vostra sferza di misericordia.
89
     Vedete tuttavia con qual periglio
le mie figlie innocenti in vita stanno,
e come i rei dimoni con l’artiglio
de’ moderni costumi intorno elle hanno.
Datemi, signor mio, forza e consiglio
da preservarle a voi da questo danno.
Queste, Signor, queste, Signore e Dio,
vi raccomando, e non l’incarco mio.
90
     Certi mal costumati, e da letture
nuove corrotti, e dileggianti il cielo,
circondan queste mie colombe pure,
ch’io serbo a voi conformi all’Evangelo.
Dote non ho che di pianti e sciagure.
Signor, Signor, per questo caldo zelo,
e se adoprai per la fé’vostra il brando,
la famigliuola mia vi raccomando.