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150 la marfisa bizzarra

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     Il sir di Montalbano la mattina
era eloquente e buon uffiziatore,
ma dopo il pranzo egli era una cantina
di vino, inutilaccio ed in furore.
Troglio la lingua volea far tonnina
di Filinor, di Carlo imperatore,
e sbranar Gano, e foco minacciava
al parlamento; e poi s’addormentava.
68
     A Filinor si formava un processo
per lettere venute di Guascogna
Dicean ch’era vizioso e il vizio stesso,
un canchero, una peste ed una rogna;
che non si getta il sigillo in un cesso;
che darlo a un dissoluto non bisogna,
il quale, o per danari o per natura,
firmerebbe qualch’orrida scrittura.
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     Passano i giorni ed il maneggio cresce,
dall’una parte e dall’altra riscalda;
il merto col demerito si mesce.
Marfisa si mostrava molto calda.
Ipalca co’ viglietti or entra, or esce:
pensa che non istava un’ora salda,
tanto che, quando era giunta la notte,
maledicea i votanti e le pallotte.
70
     Orlando molto si rammaricava
a trovar infinite negative.
Dodon rideva, e poi lo confortava
dicendo: — De’ sperar l’uom finché vive:
ci avvederemo al dispensar la fava;
d*un altro modo suoneran le pive.
Le lingue temon Gano traditore,
ma poi le fave spiegheranno il core. —