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canto sesto 143

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     Senza riguardo alcun quella sleale
comincia a far uffizi pel guascone,
dicendo ch’era un uomo principale
e che se gli doveva far ragione;
e dona a ciascheduno un memoriale,
a que’ che sono alla conversazione:
che c’eran de’ votanti al parlamento,
tra cavalieri e paladin, ben cento.
40
     Non v’è donna bizzarra che non abbia
forza ne’ cuor degli uomini votanti.
Marfisa ne tenea nella sua gabbia
con certe grazie e lazzi non so quanti.
Non dimandar se Terigi s’arrabbia,
veggendo ch’essa cercava gli amanti
con scherzetti, lusinghe e sguardi ed atti
da far mille Caton diventar matti.
41
     Ma sopra tutto gli dilania il core
il veder che gli uffizi son diretti
in prò d’un frasca, suo nuovo amadore,
che sembra giunto a fargli de’ dispetti.
Di padron divenuto è servitore,
perocché Filinor par si diletti
a voltargli le schiene e a dargli retta
come se fosse un birro od un trombetta.
42
     Quand’egli ebbe sofferto un’ora buona
vezzi, lusinghe e gran stringer di mani
verso i votanti, e verso la persona
di Filinor sospiri oltramontani,
ad una gran tristezza s’abbandona.
Lascia la sposa in mezzo a’ lupi e a’ cani:
si pose in un soffá fuor della gente,
gonfio, ingrognato e stava sonnolente.