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140 la marfisa bizzarra

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     Veggendo in un cantone una bacchetta,
lesto la prende e comincia additare.
— Mirate, dama, il mio stipite in vetta —
diceva, e Adamo faceva osservare;
e va pur dietro alla sua linea retta
gran monarchi e regine a nominare.
Non era giunto a un quarto della carta;
Marfisa disse: — E’ convien pur ch’io parta.
28
     Io sono persuasa, state certo,
della nobiltá vostra risplendente.
Non mancherò d’uffizi; il vostro merto
è tal che avanza ogni altro concorrente.
— Troppo n’avete, signora, sofferto —
disse, e raccolse l’alber prestamente:
poscia le diede memorial parecchi,
i quai cosí suonavano agli orecchi:
29
     «A custodire il sigillo reale
concorre Filinoro, di Guascogna
suddito, e d’una nobiltá cotale,
che per la brevitá dir non bisogna.
Si prostra al parlamento liberale
nelle sventure sue senza vergogna,
e pe’ suoi merti e la famiglia vetera
attende tutti i voti. Grazia, eccetera».
30
     Qui furono attaccate le carrozze
per andar di Terigi alla magione;
e del veleno, chi n’ha, se lo ingozze:
Marfisa volle seco quel garzone.
Cercarono i cocchier le vie piú mozze
per giunger presto alla conversazione.
Tosto il marchese uno stafiere avvisa,
gridando: — È qui Marfisa, è qui Marfisa. —