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Disse Marfisa in ironico modo,
con un dileggio e un strano risolino:
— Signor fratello, perdio che vi godo,
se voi pensate farmi il paladino.
Ite in malora; per me fitto ho il chiodo.
Vel dirò in greco, in volgare e in latino,
che porrò il piede fuor di questa soglia,
quando parrammi e quando n’avrò voglia. — 16
Dicea Ruggero: — O Dio, cara sorella,
voi volete far scene sempremai.
Sapete giá che una sposa novella
senza parenti al sposo non va mai.
Voi volete spezzar la campanella
anche a questo contratto, che accordai
con un’antipatia particolare,
siccome vi dovete ricordare. — 17
Marfisa disse: — Basta, non parliamo;
ciò che vidi a che vedo non s’accorda:
di grazia, a razzolare non andiamo;
non son, come credete, e cieca e sorda.
D’accordo solamente rimaniamo
ch’ir voglio e stare, e che non soffro corda,
e sola e accompagnata, ovunque io vada,
e, s’ho voglia, anche ignuda per la strada. — 18
Questi, sentendo il garbuglio toccato
del matrimonio e della trama il vero,
fece un atto d’un uomo disperato.
Volse le spalle e andossene leggero;
e a questo passo al lacchè, che ha mandato
l’ultima volta Terigi a Ruggero,
fuor di se stesso e in furia avea risposto:
— Ella verrá, se Dio l’avrá disposto. —