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canto quinto 129

119
     Parean gli abati tanti satanassi
a sostener che ciò non si potea,
e trovan testi, annotazioni e passi
della legge cristiana e dell’ebrea,
che tai decreti annullano e fan cassi.
— Il ben di Chiesa — ogni abate dicea
è di iure divin, né può il mortale
abolire una legge celestiale. —
120
     Avean fatto a Dodon tanto di testa;
sicché alla fine, a que’ giuristi vòlto,
disse: — Voi siete gente poco onesta.
Cotesti abati, per quanto ho raccolto,
hanno ragion patente, manifesta,
ed han nel mezzo al vero punto còlto:
son di iure divino i beni e’ hanno;
ve lo dice il buon uso che ne fanno.
121
     I refettori, le taverne, i chiassi
fanno testimonianze chiare e piane.
Le mense de’ cattolici papassi,
e certe mantenute pie cristiane
dicon qual uso saggio ed udí fassi
da’ collar, da’ cappucci, dalle lane,
de’ ben che sono di iure divino,
per quanto scrisse il padre Magnolino.
122
     Fu dalle risa tronca la questione.
Quegli abad Dodon miraron guercio,
e si partiron con dimostrazione
di non voler con atei commercio.
Bolle in un canto la conversazione
intorno al far rifiorire il commercio
ed al rinvigorir agricolture,
cogli esempi del Congo e le misure.