Pagina:Gozzi - La Marfisa bizzarra.djvu/135


canto quinto 125

103
     Giá le moderne zuffe incominciavano,
i duelli, i terzetti ed i quartetti,
ed ili quinto ancora battaglie appiccavano.
Tristi a que’ che al schermir sono scorretti;
che air «ombre», alle «concine», che fumavano,
a’ «trisette», a’ «quintigli» ed «a’picchetti»,
si canibieran le lor borse in rigagni,
ed averan rabbuffi da’ compagni.
104
     In ogni parte il conflitto bolliva
de’ giuochi delle carte e de’ parlari.
Il drappel che non giuoca intomo giva
a sentir: — Coppe, bastoni e danari. —
Parecchi stan di dietro a qualche diva,
fingendo al giuoco i maestri o i scolari;
ma veramente in primo scopo avieno,
di scoprir qual avesse piú bel seno.
105
     V’era Riccardo, il sir di Normandia,
un nobil divenuto poveretto,
che per venire alla funzione avia
preso a prestanza il giubbetto e il farsetto.
I paladin con poca cortesia
lo trafiggean dell’esser meschinetto,
tanto ch’egli era il bersaglio e il buffone
di tutta quanta la conversazione.
106
     Giovine A vino, acconcio ne’ capelli,
quanto mai riformato paladino,
giá contemplando in uno specchio quelli,
a se stesso facendo l’occhiolino.
Con una mano il mento par s’abbellí:
p)OÌ si volgeva a qualche suo vicino,
dicendo in forma grave e spiritosa,
— Ma! questa è quell’etá pericolosa. —