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canto quinto 119

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     Vien col capo crollante ed ondeggiante,
con una guardatura dolce e grave,
e una veste ricchissima e galante,
che nel portarla è delle donne brave.
Astolfo è suo, mastro d’ogni amante,
dottissimo ammiraglio a quella nave,
ed era stato consiglier tre ore
a porle in sul toppe di gemme un fiore.
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     Parca la patriarchessa delle donne.
Il drappel de’ feriti in fila abbonda,
ch ’è un alfabeto quasi fino al conne,
dopo d’Astolfo dietro a Conegonda.
Non è da dir se quell’altre madonne
fan rigoletti, union, bisbiglio ed onda:
volean partire unite come un fiume,
in sul pretesto del suo mal costume.
81
     Il marchese Terigi è disperato,
spalanca gli occhi tondi e parla e prega.
Astolfo è vin matto assai considerato;
fa il sordo, ghigna e per nulla si piega.
Dodon, che de’ costumi è giá informato,
piglia i mariti e gran ragione allega,
dicendo: — Le consorti abbian giudizio:
non è piú tempo di fuggire il vizio.
82
     Invidia solo è quella che le irrita:
è troppo bella Conegonda e adoma.
Fará dell’altre un comento alla vita:
se fuggon, conto a voi punto non torna.
Conegonda ha eloquenza ed è gradita:
saprá scoprire a voi tante di corna. —
I mariti son pallidi, e tremando
a’ serventi si van raccomandando.