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116 la marfisa bizzarra

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     Fanno i lor convenevol col marchese
le dame, i cavalieri e quell’abate,
del qual si rise, ed era d’un paese
dove soffronsi in pace le risate.
Passarono alle offese e alle difese;
poscia dentro alle camere parate.
Terigi a non veder Marfisa langue.
In questo giungon due dame del sangue.
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     A veder queste due giugnere unite,
fu nel palagio universal stupore.
Per cagion mille tra nascoste e trite
star doveano disgiunte ed in livore.
Una di quelle delle piú scaltrite
era la schiuma, il puro estratto, il fiore;
l’altra ha un cervello da Dio benedetto,
che per poco scacciava ogni sospetto.
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     L’astuta è morta, cotta, innamorata
di quella dal buon core nel servente;
ma dovea star la tresca mascherata
per cose ch’io non dico per niente:
donde fingeva far la spasimata.
E l’amica, dell’altra diligente,
lungi da lei dicea che s’abbruciava:
ad ogni passo un bacio le accoccava.
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     — Dove anderete voi — dicea — dimani?
al passeggilo, al teatro od alla corte?
Se voi andaste fra lupi e fra cani,
quand’io non son con voi, son colle morte.
Poscia volgeva gli occhiolin marrani
al cavaliere e lo saetta forte.
Parca che gli dicesse a questo passo:
— Vedi, per te, cagnaccio, a che m’abbasso!