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106 la marfisa bizzarra

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     Ma andiamo a pranzo ornai, né vi crediate
queste parole abbia dette in mia lode.
Troppo son peccatore e ho meritate
l’arme di Dio, che tutto vede ed ode. —
Qui andaron al tinel, dove parate
son le vivande, ed altro ch’uova sode!
Pasticci si vedean, marmile piene,
zuppe,- salvatici ne ed ogni bene.
28
     Qui stava Berta dal gran pie, consorte
del conte Gano ne’ secondi voti;
Baldovin figlio, e della nera sorte
due frati grassi, in céra assai devoti,
che facevan crocioni in sulle torte.
Giunto Gano, lettor, convien che noti
ch’ei volle a’ frati levare il mantello,
dicendo che indulgenza era a far quello.
29
     Poi, detto il Benedicite in tuon basso,
cominciasi a mangiare alla papale.
Diceva Gano a Berta a questo passo:
— Avete voi spedite allo spedale
quelle camicie rotte, e broda in chiasso
a’ pover di contrada, che stan male.? —
Ed anche quella carne che putia
— diceva Berta — ho data in cortesia.
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     Diceano i frati inarcando le ciglia:
— Oh pietá benedetta! — e rastrellavano.
— Sempre sará di Dio questa famiglia
e prosperata sempre; — e trangugiavano.
— Dammi ber — dicea Gano, — e il bicchier piglia
di scopulo che i servi gli recavano:
— Pel di — dicendo — dell’eterne chiostre:
alla salute dell’anime nostre.