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52 goa: “la dourada„

chiese crollanti, testimoni indolenti che non ristorano una pietra, rassegnati all’opera implacabile del clima e della foresta. Per le cose come per gli uomini il tropico è deleterio; e sotto questo cielo di fiamma e d’uragano i secoli contano per millenni. La città è vastissima, ma sono pochi gli edifici completi. Avanzo a caso, senza una mèta, senza una commendatizia, scortato da un monello vivace che m’interroga sulla mia scelta: — Palazzo dell’Inquisizione? Chiesa di San Francesco Saverio? Cattedrale di Nostra Signora degli Elefanti? — E comincia a considerare il mio vagabondaggio trasognato con qualche inquietudine. Un edificio m’attira, un palazzo del Seicento, imponente, dalle grate panciute, dai balconi a volute aggraziate, recanti al centro, in corsivo, un monogramma o uno stemma padronale; e lo stemma è riprodotto in pietra sul vasto androne d’ingresso. Il cortile è circondato da un doppio loggiato barocco, a colonne spirali; ma il loggiato è crollato per una buona metà e s’apre sopra la campagna selvaggia. Seguo il portico a caso, entro nella vasta dimora. Ohimè! Vedo il soffitto; e, attraverso il soffitto,