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16 | le grotte della trimurti |
ferire, dànno il senso dell’idolatria paurosa; vien fatto di domandare a questi numi il perchè di tanto furore e quale guaio riserbano ai miseri mortali peggiore della vita, peggiore della morte. Certo lo studioso, anche il dilettante soltanto, che viene d’Europa dopo aver sfogliato i sacri testi indiani e aver chiesto qualche ora di conforto alle sublimi speculazioni dei Veda e degli Upanesed, resta deluso e sdegnato dinanzi a questa teogonia barbara e selvaggia. Ma è il destino fatale di tutte le religioni, che diventano culto, di tutte le fedi che si fanno pietra, metallo, colore, forma: idolatria.
A queste malinconie certo non pensano i visitatori dell’ipogeo d’Elefanta: sulle trenta mammelle della dea Dassavi, sulla tiara delle Apsare, sulla fronte ampia, elefantina di Ganesa, la matita, il temperino ha segnato nomi, date, cuori trafitti, ghirlande di rose all’amore che passa. Precisamente come da noi.