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l'olocausto di cawnepore | 219 |
Per ricordare in tutta la sua tragica bellezza quella pagina rossa della storia Anglo-Indiana — sulla quale si profilano, vittime innocenti, tante soavi figure di donna — bisogna rivivere la notte del 14 maggio del 1857. Non invento: tolgo dalla raccolta del Times di quell’anno — sfogliata nella decrepita biblioteca del Queen’s Hôtel — tolgo fedelmente dalla nuda esposizione dei fatti quanto ne emana di tragica poesia. È la notte famosa. Gran festa da ballo nel bungalow del colonnello Stanes, festa da ballo e serata diplomatica, consigliata dalla prudenza coloniale contro gli eventi. Gli eventi son gravi. Si è in piena rivoluzione; il fermento crepita, s’accende, si spegne, s’accende qua e là come una miccia non bene nutrita, ma inquietantissima. Sono in fermento gli Stati del Bengala, Bombay tumultua, Mirat è a ferro e fuoco, Delhi è in mano dei sepoys ribelli. Sono rimasti fedeli agli inglesi gli Stati del Pengjab, Madras, Baroda. La sorte oscilla. Ma il tumulto si propaga terribile. Compie ora il secolo dal giorno dell’occupazione sacrilega (1757-1857) predicano i Bramini; la profezia dei 100 anni