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agra l'immacolata 175

basso la città sterminata, si sale, si sale nel labirinto tenebroso.

Ed ecco, con un moto istintivo ed improvviso, le mani si portano a difesa degli occhi feriti dalla luce abbacinante d’un nevaio. Siamo giunti nel regno dei marmi immacolati, nella città superna dei tiranni. Un terrazzo immenso, la sala delle udienze, candido come tutti gli altri edilizi, con non altro che un trono di marmo nero, per il Gran Mogol; intorno ricorrono arcate che dànno l’illusione d'una grotta di latte congelato, a stalattiti geometriche, dove il candore è sottolineato da una linea d’onice nerissima. L’onice, l'oro, l’argento, la turchese, il porfido sono usati con scaltra leggerezza, in gracili motivi floreali o in linee che seguono il frastaglio complicato delle trine marmoree, all’infinito; così che non è menomato, ma accresciuto l’effetto candido dell’insieme. Tutto è di marmo immacolato, e l'eleganza si mostra soltanto nel traforo e nella cesellatura, portate all’ultimo limite d’un’arte inimitabile. Le sale da bagno, dalle vasche rettangolari, dove si discende per tre, quattro gradini, sembrano attendere nel