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174 | agra: l'immacolata |
mongoli fondavano in India erano campi trincerati, d’una possanza, di una mole, di una magnificenza inconcepibile al tempo nostro, villaggi muniti e fortificati dove quei tiranni dall’anima di guerriero, di artista ed asceta, adunavano quanto potesse appagare i sensi e lusingare gli spiriti: dalla zenana voluttuaria alle sale di governo e di giustizia, dai bagni, dalle palestre alle moschee della purificazione, al mausoleo dell’ultimo riposo. Era una città regale sospesa sulla città del popolo, che serviva prono, abbacinato da tanto splendore.
Passiamo il vallo fortificato, le torri, le porte pesanti. Si sale per scalee fosche, sotto archi medioevali, si percorrono androni a feritoie e a casematte, e tutto è in arenaria sanguigna, tutto è tetro e massiccio, evocante nel suo silenzio l’urlo guerriero e il fragore delle armi. Dove poteva svolgersi la vita voluttuosa dei poeti in turbante e delle belle dagli occhi interminabili? Si sale, si sale nelle viscere oscure della mole millenaria, dove la luce non giunge che da ogive sottili, da feritoie scarse, dalle quali appare sempre più in