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l'impero dei gran mogol |
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dopo il caffè, per avere intorno l’illusione di un po’ d’Europa che viaggia con noi, l’illusione che emana dalle vernici, dagli specchi, dalle stoviglie, dai cibi stessi, dalle salse chiuse in barattoli inglesi. Very comfortable, queste carrozze ampissime, dal doppio tetto spiovente, aerate da un triplo ventilatore; ma il congegno si è guastato e funziona il panka, il ventaglio immenso appeso al soffitto, che un servo indiano agita con una corda dal fondo della carrozza. Tutte le tavole sono occupate: funzionari inglesi, commercianti parsi, dignitari afgani. Al tavolo vicino sono sedute due francesi incontrate a Bombay, conosciute per caso, leticando all’agenzia Cook, e ritrovate qui, ancora per caso, con reciproca effusione di schietta esultanza. Fra tanti sconosciuti di tutti i colori, fra tante orribili favelle, dove l’inglese degenere è l’unica intelligibile, il francese, sia pure sulle labbra ritinte di due «pellegrinanti esuli dame», ci suona dolce come una lingua di casa. Signore con le quali si allibirebbe di mostrarci in una via europea, tanto sono imbellettate, ossigenate, inorpellate, impennacchiate; ma che qui, nel cuo-