non senza odore d’aglio, ecco l’Italia nuova e avida di novità, un po’ giapponese per l’ansietà d’avvenire, un po’ americana per il disdegno delle catene tradizionali. V’è già un accenno di futurismo in questo viaggiare per viaggiare, così diverso dai viaggi intimi e psicologici dei romantici, in queste esplorazioni del settentrione e dell’Oriente, delle capitali brumose e dei fronti di battaglia. Sciami di circumnavigatori e di grandi reporters, ritornando in patria, non contribuivano soltanto a introdurvi il whisky and soda e il rasoio automatico; ma anche un certo numero d’impressioni fresche e d’idee elastiche, utili per mettere bene a fuoco l’obbiettivo dell’attenzione nostra; ed anche un certo numero di parole giovani, d’immagini acri, di temerità sintattiche, delle quali la tecnica sperimentale delle nuove scuole poetiche ha fatto un’orgia, ma che daranno qualche buon frutto nella poesia di domani. Lo stesso
d’Annunzio dell’inno ad Ermes, il d’Annunzio di Corrado Brando e degli Ulissidi, si ricollega, almeno in parte, a questa tendenza, ch’era già preannunziata nel Carducci
innografo della locomotiva.