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116 | la danza d’una “devadasis„ |
stesso cerchio magico, beneficati da un’illusione che non è letteratura, ma sentimento artistico, ereditario, che confina, si fonde con la fede più intensa. Arte e fede espresse dalla stessa armonia, una felicità che noi occidentali non conosceremo forse mai!
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Dopo l’ultima sillaba la Devadasis raggiunge con un balzo il tappeto, si siede con un sospiro di sollievo come una scolaretta in riposo. Le siamo intorno rispettosamente, per osservarla, ma sul suo volto è la completa assenza spirituale; è cessata la musica e la fiamma e si ha veramente l’impressione di accostarsi ad una lampada spenta, ad uno stromento che ha finito di vibrare.
Poichè il dottor Faraglia — l’unico che conosca l’industani — le rivolge un complimento sulla sua arte, la donna tarda a comprendere, poi sorride, si copre il volto con l’avambraccio alzato, come un’educanda, alla quale un temerario dica cose inaudite: un gesto spontaneo di sincero pudore,