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da ceylon a madura | 95 |
«l’ineffabile, colui che non dobbiamo nominare, se vogliamo che sia presente?» Ma qui il nome divino è feticismo immondo, praticato da un popolo forsennato che ha ridotto le speculazioni astratte ad un simbolismo pazzesco; un popolo che adora questi simboli e li ignora, un popolo che si genuflette, grida, invoca e non sa chi, non sa che cosa.
M’avanzo nella penombra, sempre fra le colonne infinite, sotto le vòlte piatte e sono guidato da due indigeni che sollevano le fiaccole resinose; e le pareti s’illuminano un poco, e appaiono strane divinità, sempre chiuse in gabbie dalle sbarre robuste, come belve da custodire; e Ganesa, il Dio della saggezza che appare più frequente, con tutti i suoi congiunti a testa elefantina; o una divinità innominata dal corpo di mucca e dalla testa femminile: e il corpo bovino e gibboso, è imitato fedelmente sul modello degli zebu indigeni, e il volto femminile è scolpito sul tipo indiano, con gioielli alla fronte, agli orecchi, al naso, e un sorriso insostenibile di baiadera convulsa. Le fiaccole sollevate in alto turbano il sonno dei grandi pipistrelli-