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da ceylon a madura 93

il traffico e il transito dei devoti; tre elefanti novelli, minuscoli ancora, passano al trotto, con tinnito di sonagli, una mucca zebu s’avanza incerta ammusando gli erbaggi, i frutti offerti dai fedeli; mucche ed elefanti di questo recinto sono animali sacri, addetti a cortei religiosi, idoli viventi del tempio di Madura, e non si gettano come vili nemmeno i loro escrementi. Incombe su tutto il tempio un senso d’idolatria che mi fa pensare al feticismo dell’Africa più nera e non alle divine speculazioni dei Veda. Passa il corteo di Parvati, un rito che si ripete due volte al giorno, portando in giro l’immagine della moglie di Siva, in visitazione a tutti i tabernacoli del sacro recinto; il feticcio, pupattola d’oro massiccio, dalla vita sottile, dai seni turgidi, dagli occhi tondi d’onice incastonato sotto l’alta mitra ingioiellata, appare, dispare attraverso le cortine della ricca portantina. Accompagna la scena un rombo di tam-tam, uno stridìo discorde di trombe e di pifferi, incutendo nell’anima del forestiero un senso di paurosa diffidenza, di ripugnanza, come un mistero tetro e grottesco. Ovunque nel tempio famo-